Con il termine “pet” s’intendono solitamente i cosiddetti “animali da compagnia”. Tale termine implica un particolare rapporto d’intimità, che s’istaura tra l’uomo e alcune specie domestiche. Le esatte origini della pratica di tenere animali da compagnia sono oscure, sebbene c’è chi sostiene che “quasi unico tra gli animali, l’uomo ha addomesticato e abitato con altri animali” .
Nella società inglese del diciottesimo e diciannovesimo secolo divenne molto diffusa la pratica di tenere animali da compagnia, specialmente tra le classi più alte. A partire dal diciannovesimo secolo il fenomeno di tenere animali da compagnia si è diffuso non solo tra tutte le alte classi della società inglese, ma anche nella società europea e in quella degli Stati Uniti.
Nelle case europee oggi si contano circa 310 milioni di animali, in relazione ai circa 340 milioni di persone. Il possesso di animali da compagnia è entrato normalmente a far parte della cultura dominata dal consumismo in cui gli animali sono comprati e venduti come qualsiasi altro articolo. La stessa industria dei “pet”, senza contare i servizi ad essa collegati (compreso quello veterinario), benefica direttamente o indirettamente della vendita, gestione e trattamento degli animali da compagnia .
Non si può però mettere in dubbio che in alcuni casi il legame uomo-animale può contribuire in modo significativo al benessere umano. In particolar modo il rapporto con i pet sembra che contribuisca a prevenire due fonti di disordine emotivo: la solitudine e la frustrazione. In mancanza di grandi quantità di dati basati su prove oggettive, l’interpretazione degli effetti psicologici del tenere animali da compagnia verte sulla domanda se i rapporti tra una specie e l’altra siano naturali e raccomandabili.
Inoltre già da molto tempo si è notato che la presenza di animali in casa può contribuire a sensibilizzare i bambini ed ad educarli ad avere un atteggiamento di cura e di rispetto verso gli altri esseri, per cui i pet divengono un mezzo di contatto con la natura e di equilibrio psico-fisico.
Il successo dell'animale in famiglia nasce senza dubbio dal fatto che questi ricopre funzioni plurime, vale a dire che con l'animale si può parlare, sfogarsi, dialogare, giocare, imparare, insegnare, per citare solo le più evidenti cose che un orsacchiotto in peluche non potrà mai fare. Di particolare aiuto si rivela anche per le persone sole, che trovano nell'animale una fonte di compagnia e amicizia fidata che, molto difficilmente, troveranno al di fuori del loro piccolo contesto mono-familiare, mentre, per le tradizionali coppie, si garantisce una "via di fuga" agli stress quotidiani, un mezzo per ritrovare il dialogo, riappacificarsi, concentrare la propria attenzione.
Il dialogo con l'animale, ma più precisamente col proprio animale familiare, garantisce un effetto calmante e, dunque, una diminuzione della pressione del sangue: tale dialogo non conosce, infatti, rigide regole sociali e, soprattutto, sentimenti competitivi distruttori.
Facendo una breve crono-storia della zooterapia possiamo citare l'inglese William Tuke che fu uno dei primi che incoraggiò i suoi malati mentali ad accudire degli animali, col fine di potenziare l'autocontrollo e il senso umano (1792), mentre nel 1867 si assiste all'inserimento della zooterapia nei programmi terapeutici dell'Istituto tedesco Betheled per pazienti epilettici. Ancora, nel 1875, il medico francese Chessigne prescrive l'ippoterapia a dei pazienti con problemi neurologici, poiché viene ritenuta ottimale per il miglioramento dell'equilibrio e del controllo muscolare. Nel 1942, nel Pawling Army Air Force Convalescent Hospital, vengono impiegati gli animali per "normalizzare" i feriti di guerra, mentre già nel 1953, Bolis Levinson, psicoterapeuta infantile, si avvede del buon effetto dell'animale su un bambino autistico.
Nel 1961 nasce ufficialmente la pet-therapy ad opera di Levinson che utilizza tale termine all'interno del libro The dog as Co-Therapist, Il cane come co-terapeuta, e, negli anni a seguire, la validità e la veracità della zooterapia è stata confermata continuamente da vari studiosi in sede teorico-pratica. Nel 1981 assistiamo alla nascita della Delta Society statunitense, associazione che studia il rapporto uomo-animale, mentre il 1983, anno in cui sorge l'Istituto Canadese di Zooterapia.
In Italia invece l’attenzione verso la pet-therapy si manifesterà apertamente solo nel 1987 al Convegno Interdisciplinare su "Il ruolo degli animali nella società odierna" e nel 1990 nasce il C.R.E.I. (Centro di Ricerca Etologica Inter-disciplinare per lo studio del rapporto uomo-animale da compagnia) seguito nel 1997 dalla S.I.T.A.C.A. (Società Italiana Terapia e Attività con Animali).
La Pet-therapy si basa necessariamente e principalmente sull'influenza dei legami affettivi sul duplice aspetto psico-fisico, in senso strutturalista. Infatti, l'uomo deve soddisfare sia i bisogni primari, come il cibo, il dormire, sia quelli secondari, legati alla sfera emotivo-spirituale del soggetto-individuo.
Un altro elemento fondamentale, all'interno del rapporto uomo-animale, è dato dal contatto fisico che intercorre tra i due, desumibile facilmente dalla stessa parola inglese pet che, in inglese, indica l'animale favorito, ma anche l'accarezzare, il viziare e il coccolare, tutte azioni che rimandano ad un piacevole contatto fisico, uno dei principali fattori di comunicazione interpersonale e interspecifica.
L'animale favorisce, inoltre, il senso di responsabilità, quanto mai adatto nel caso di bambini, oppure di adulti che abbiano perso la fiducia in se stessi, garantendo un'immagine valida e positiva della propria persona e del proprio valore individuale.
Il tenere animali da compagnia solleva però gravi problemi etici e di benessere degli animali che possono essere divisi in tre principali categorie: il maltrattamento, la sovrappopolazione e lo sfruttamento commerciale.
Infatti il vivere a stretto contatto con gli animali, quali che siano i vantaggi per entrambi gli interessanti, comporta un sostanziale aumento del rischio di maltrattamento. Senza parlare degli atti di crudeltà che vengono attuati coscientemente, vi sono molte altre situazioni, non volontarie da parte dei padroni, che possono procurare alti livelli di tensione negli animali, quali ad esempio condizioni ambientali non idonee alla specificità dell’animale. Sono pochi i proprietari che comprendono a fondo le complesse esigenze psicologiche e fisiologiche degli animali che tengono con loro. Le crudeltà a volte scaturiscono semplicemente dall’ignoranza e dall’incomprensione, questo poi è particolarmente frequente quando si tratta di animali esotici o selvatici.
Un altro problema è quello che riguarda la sovrappopolazione. L’attuale livello di popolazioni di alcuni animali da compagnia comporta inevitabilmente il fatto che altri animali vengano uccisi per sostentarli. Sono pochi, infatti, gli animali da compagnia che possono essere nutriti senza l’utilizzo di carne, anche se recenti studi sostengono che anche i cani possono vivere abbastanza bene con una dieta vegetariana ben bilanciata.
Infine vi è il problema dello sfruttamento commerciale dei pet. Infatti poiché quasi ovunque gli animali sono considerati legalmente solo come proprietà, l’allevamento e la vendita di questi sono soggetti a pochi vincoli. E inoltre la tendenza a considerare gli animali come uno dei tanti beni posseduti dall’uomo ha inevitabilmente portato alla tendenza a rimodellare gli animali. Le mutilazioni per “bellezza”, quali il taglio della coda e delle orecchie sono alquanto diffuse così come le forme di allevamento selettivo per produrre cambiamenti nella forma del corpo o delle funzioni. I promotori delle associazioni di protezione animale affermano che il commercio degli animali portano inevitabilmente ad una sovrappopolazione e al conseguente abbandono e soppressione di milioni di animali indesiderati.

Nonostante l’affermarsi di un sempre crescente e forte movimento per la protezione dei diritti degli animali, l’aspetto etico del tenere con sé animali da compagnia difficilmente è stato messo in discussione. La filosofia dei diritti degli animali si è evoluta senza offrire una cosciente analisi critica del commercio degli animali da compagnia, anche se alcuni filosofi come Rollin affermano che il maltrattamento di questi animali “è una violazione del contratto da parte dell’uomo” . Dato che sono molto numerosi, fra i difensori dei diritti degli animali, quelli che considerano ingiustificabile lo sfruttamento degli animali, qualsiasi utilità esso abbia per l’uomo, può sembrare strana un’omissione delle problematiche legate ai pet, all’interno del dibattito filosofico.
Ciò in parte può essere dovuto al fatto che, storicamente, la sensibilità verso le sofferenze degli animali sia nata proprio dall’inclusione degli animali all’interno della comunità umana attraverso l’uso di tenere animali da compagnia. Non a caso, infatti, il primo paese in cui è nata un’associazione animalista è stata proprio l’Inghilterra, paese rinomato per il suo amore verso gli animali da compagnia.
Tuttavia dobbiamo porci delle domande circa l’opportunità etica del demandare agli animali il compito di soddisfare le nostre esigenze psicologiche. Una delle più importanti critiche è che spesso nel nostro rapporto con gli animali domestici viene favorita una forma di “amore” che umanizza gli animali e ci porta a considerarli quasi come un’estensione del nostro ego, mentre dobbiamo sempre tenere conto del diritto dell’animale a condurre una vita che segua il più possibile i suoi istinti naturali e favorire quelle forme d’amore che ci inducono a rispettare gli animali per quel che sono.

   
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